Un po' di Napoli, un po' di libri.

Beh, buongiorno.
E buon 'tutte le festività che si sono avvicendate in questi giorni e durante le quali ero assente'. Mi ci vorranno mesi per abituarmi a scrivere 2014.
Sono stata in vacanza a Napoli, a casa di amici. È stata una vacanza di quelle belle, anche se a ben vedere il punto clou è stato quando abbiamo giocato a Pictionary. Che poi non era neanche il vero Pictionary, in mancanza dell'originale ce lo siamo creato da noi, cartellone e bigliettini. Ne sono usciti tre formichieri, due rimandi a A qualcuno piace caldo e agli Aristogatti. E buona parte dei disegnini atti a individuare le parole erano composti principalmente da deretani. Di ogni forma, posizione e dimensione.
E Napoli è stupenda, me ne innamoro ogni volta che la vedo. I palazzi, le strade, il modo in cui continua a muoversi e fremere... è una sensazione cui non sono abituata, abito nella città più vecchia d'Europa. Qui vige la calma, si respira un senso di post-mortem. Abito nel Purgatorio da cui la gente fugge. Invece Napoli è così viva e grande e... beh, si sarà capito che la adoro.
Che poi c'è un qualcosa che matematicamente non riesco a spiegarmi. È notorio – non lo dico io, compare in qualsiasi statistica sulla lettura in Italia – che nel Sud si legge meno. Va bene, chiaro. Ci siamo. Ma allora come campano le decine e decine di librerie che ho incontrato in questi giorni? Non le ho neanche cercate, librerie come prezzemolo. E le bancarelle in Piazza Dante, e quelle lungo la via che non mi ricordo come si chiama... cioè, chi li comprerebbe quei libri?
Ho letto un po', in questi giorni. Non tantissimo, ecco, però i due viaggi in treno – il primo in ritardo di Lo zio Oswald di Roald Dahl, bellino e divertente, ma spero che a nessun genitore sia saltato in mente di regalarlo al proprio innocente pargolo. E Il soccombente di Bernhard, che mi è piaciucchiato un po' sì e un po' no. Vorrei chiacchierarne meglio, perché non riesco bene a capire in che modo e a che punto si dovrebbe imbrigliare l'espressività con la gradevolezza. E ho letto anche Echo di Terry Moore. Che sarebbe un fumetto edito dalla Bao e merita troppo perché io possa dirlo così, in un paio di frasi. E sulla via del ritorno ho iniziato e finito Mandami tanta vita di Paolo di Paolo, che mi è piaciuto, ma mi ha anche lasciato una rimostranza, di cui ciarlerò ma in seguito, che in questo post mezzo addormentato non mi pare proprio il caso. Ho letto... beh, abbastanza, in questo 2013. 206 libri. Un po' meno del solito, credo, ma non ho ben presente quanti libri abbia letto gli anni scorsi, quindi non posso dirlo con certezza. Tra l'altro non mi sono mai funzionate le statistiche di Anobii, devo riconteggiare i libri andando indietro con le pagine fino a quello che ricordo essere il primo del 2013.
105 minuti. Grazie, Trenitalia. Non deludi mai. - hanno decisamente aiutato. Ho letto
Al momento sto leggendo Il mulino sulla Floss di George Eliot, che promette di superare in meraviglia Middlemarch. Che, ve la butto lì, è uno dei miei libri preferiti in assoluto.
Devo scrivere un sacco di post. Ho letto troppo dall'ultima recensione pubblicata, non mi va di lasciarmi indietro quei libri, di non parlarne. Ho da pubblicare anche un'intervista cui tengo moltissimo, poi la Women Challenge 2013, poi qualcosina sul rapporto tra arte e gradimento... ho già detto che ho un esame tra pochi giorni? Bene. Credo che fino ad allora questo blog sarà l'unico contatto col mondo esterno che potrò concedermi.
Quindi... beh, scusate questo post vago e sconclusionato. Non è neanche un post di fine anno, non è nulla. Prendetelo come un 'Sono tornata, l'interazione con voi mi è mancata, back to blogging'.
Ah, e buona Befana.
(No, non mi interessa se ho 25 anni, non sono ancora pronta a rinunciare alla mia calza piena. E questo mamma lo sa. Ho la mamma migliore del mondo.)