Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #31

Lo zio Oswald di Roald Dahl – traduzione di Silvia Piraccini Longanesi, 2013

Devo ammetterlo, questo libro è stato un po' uno shock. Da Dahl, autore che ha segnato la mia infanzia, non me lo aspettavo un libro così. Spero vivamente che a nessun genitore venga in mente di regalarlo al proprio pargolo in nessuna circostanza, perché... peni. Peni e coiti. Peni ovunque. Descritti con dovizia di particolari. Davvero.
Peni a parte, la trama è piuttosto semplice e lineare, per quanto fantasiosa. Il nipote del celebre Oswald H. Cornelius intende pubblicare i diari del defunto zio, e tolto quel breve capitolo introduttivo, tutto il resto viene da quegli stessi diari. Anche se a voler essere proprio pignoli la struttura non ha nulla del diario, l'escamotage di una narrazione cronologicamente precisa nel raccontare la costruzione della propria fortuna da parte di Oswald... ecco, non convince tantissimo, però trattasi di pignoleria, si può anche fare finta di nulla.
E quindi trattasi della gioventù del libertinissimo Oswald, di come ha saputo sfruttare il racconto di un viaggiatore per intraprendere una veloce ascesa verso la ricchezza, con metodi che hanno sempre implicato una buona dose di coiti. Nella seconda parte, assai più bizzarra e divertente della prima, in questi piani per fare soldi sono tirati dentro anche personaggi famosi dell'epoca, regnanti, artisti, compositori, studiosi... magari non vi dico in che modo saranno implicati, però vederli comparire dalla penna ridanciana di Dahl è stato davvero assurdo. In senso buono.
Ammetto che il finale non mi ha entusiasmata molto, ma per ovvi motivi evito di specificarne le ragioni. Consiglio comunque la lettura, perché fa ridere un sacco e come intrattenimento è perfetto. Certo, ribadisco che spuntano peni da tutte le parti. Può dare fastidio. Vedete voi.

Mandami tanta vita di Paolo di Paolo – Feltrinelli, 2013

Ricorderete che questo libro era nella cinquina dei finalisti allo Strega, la qual cosa mi faceva supporre che mai l'avrei letto. Non per snobismo, solo che di solito i libri che vengono presentati a questo tipo di premi li trovo un po', come dire... innocui. Non so bene come spiegarmi, il succo del discorso vorrebbe essere un acritico 'non fanno per me'. Poi però ho letto la recensione super-entusiastica di Malitia e mi sono detta che, dai, per una volta potevo fare un'eccezione.
E in realtà... non lo so. Mi è piaciuto, questo sì. Mi è durato poco, sfortunatamente, in tre-quattro ore scivola via e ti lascia lì. È un bel libro, davvero. Però temo che dopotutto Paolo di Paolo non faccia per me.
Ci sono due storie parallele, quella di Moraldo, figlio di un calzolaio e studente di Lettere a Torino, e quella di Piero (Gobetti), intellettuale e editore di sinistra durante il fascismo. Moraldo è ossessionato da Gobetti, lo segue, è deciso a scrivere per la sua rivista letteraria. Piero di Moraldo non sa nulla, ne ignora completamente l'esistenza. Indebolito, braccato e rovinato dal fascismo, si trasferisce a Parigi per fondare una nuova casa editrice e poter mantenere non soltanto la moglie e il figlio appena nato, ma anche le proprie idee. Non riesce ad arrendersi alle circostanze, è fatto di orgoglio e sangue.
La vita di Moraldo è fatta di studio, di Piero – come pensiero, come virtuale punto d'arrivo – e di Carlotta, una ragazza bellissima conosciuta quasi per caso, per un banale scambio di valigie.
Considerando la storia che racconta, è un libro piuttosto breve e forse è per questo che non riesce ad andarmi giù. Troppi tagli, troppe ellissi, quando io vorrei sapere tutto. Tutto quello che passa per la testa di tutti i personaggi, tutto quello che succede e che li riguarda. Vorrei seguirli in quello spazio vuoto tra un capitolo e l'altro, vorrei riuscire a penetrare nella storia come se ne facessi parte, e non come se ne fossi una spettatrice. È questa la sensazione che mi ha dato, quella di un narratore che fluttua appena sui suoi personaggi e ne appunta qualcosa per poi scivolare in avanti nel tempo e appuntarsi qualcos'altro. Non mi sono sentita coinvolta, e mi è sembrato che anche di Paolo, a modo suo, se ne fosse tenuto distante. È la stessa sensazione che mi aveva dato Dove eravate tutti, pubblicato nel 2011 sempre da Feltrinelli. Una bella storia, dei bei personaggi, eppure tutto così distante.
Quindi... non lo so. È stata una bella lettura, ma speravo in qualcosa di diverso. Non in qualcosa 'di più', perché ribadisco che il libro è bello, sono io che cerco dell'altro. Dipende da quello che si vuole da un libro, ecco.