Su Battle Royale di Koushun Takami e su Hunger Games di Suzanne Collins

E dunque, ieri ho letto Battle Royale e questo sarà un post di puro e irritatissimo sfogo. Non c'è nulla al mondo che io odi più di una storia potenzialmente meravigliosa rovinata da una narrazione scarsa o da una costruzione carente. Ora, io ve lo consiglio lo stesso, perché è comunque appassionante. La potenza della storia agisce laddove si vorrebbe riempire l'autore di coppini. Però non posso fare a meno di sfogarmi, davvero.
Vediamo, immagino che tutti sappiate di cosa parla, quei 42 ragazzi di una scuola media che vengono riuniti su un'isola ad ammazzarsi a vicenda senza alcuna possibilità di fuggire. E immagino che sappiate anche di cosa parla anche Hunger Games, di cui avevo chiacchierato qui mesi e mesi fa. Ora, la 'matrice' è la stessa. Ragazzini obbligati a uccidere altri ragazzini. Eppure il tema è trattato in maniera diversa, ma così diversa...
Se dovessi scegliere un team tra i due – ci sono i team? Ormai ci formano team per qualunque cosa... - sarei sicuramente Team Hunger Games, anche se cronologicamente Battle Royale è venuto prima di circa 14 anni. Però non l'ho trovato affatto un'opera risolutiva o definitiva. Battle Royale, pur con tutta la sua indiscussa originalità, non ha saputo mettere un punto conclusivo al tema di cui tratta. Per quanto mi riguarda, ha solo aperto una porta.
Specifico subito che mi ha irritata da morire. Anzi, mi ha fatto incavolare al punto che sono andata su Anobii a cercare commenti di gente che la pensava come me per sfogarmi. Cioè, IO che vado su Anobii a sfogarmi. Sembra un segno dell'Apocalisse. Che poi ho trovato anche lamentele lollose come 'Eh, ma com'è violento! Una stellina :('... ma lasciamo stare.
Battle Royale inizia bene. Oddio, più o meno. Diciamo che quello che avviene all'inizio funziona, ecco. I quarantadue ragazzini vengono sedati e trasportati in un'aula scolastica di una scuola abbandonata, su un'isola evacuata appositamente per il 'gioco'. Quella scena è fantastica. I ragazzini che si guardano intorno, che reagiscono in maniera sensata. La scena precedente, quella della classe sull'autobus non era nulla più che una lunga lista di nomi impossibili da ricordare, una presentazione scialba ed esplicita dei vari personaggi, pure quelli destinati a lasciarci la pelle poche pagine dopo.
Ecco, i personaggi. Un enorme problema di Battle Royale per me sono i personaggi. Sono stereotipi, piatti come i fogli di carta su cui sono stampati. C'è la ragazzina carina – o Tizia Inutile, come l'ho ribattezzata – il Tizio Inutile – ovvero il protagonista, Shuya – il Tizio Riservato ma Buono, Il Tizio intelligente ma simpatico, Il Tizio borghesuccio e viziato, Il Tizio Psicopatico, La Tizia Psicopatica... non c'è altro in loro, sono macchiette.
E il modo in cui sono presentati è tremendo. Takami li fa comparire, dà qualche indicazione su quello che fanno a scuola, dice se frequentano qualche club, se sono socievoli o meno... è esplicito fino alla nausea. Non mi si può continuare a dire 'Questa persona è tanto simpatica e buona' senza mostrarmi mai nulla che lo dimostri. O continuando a sottolinearlo ossessivamente ogni volta che mi viene mostrato. Non c'è un personaggio per cui non funzioni così, è veramente troppo diretto, al punto di risultare elementare.
I protagonisti sono insopportabili, Tizio Inutile e Tizia Inutile. Lei si è fatta azzoppare ancora in aula, lui va avanti per pura fortuna o perché metà delle ragazze della classe gli va dietro. Sul serio. Non ha niente che possa valergli la sopravvivenza, è il nulla allo stato puro. Non so cosa ne pensasse Takami, ma dirmi che a un tizio piace il rock non equivale a caratterizzarlo. Capisco che in Giappone possa fare molto più rribbbèlle rispetto a qui – leggetevi 20th Century Boys di Urasawa, va' – ma non è abbastanza, un personaggio non può essere rappresentato solo dai propri gusti musicali.
Il 'cattivone' è pessimo. Dico il Tizio Crudele A Caso, quello che ha il controllo dell'isola. Io gli antagonisti così non li capisco, davvero. Secondo me è con l'antagonista che ti puoi sbizzarrire, eppure qui si ha davanti un semplice Tizio Crudele, sadico a sproposito e senza alcun motivo. Takami avrebbe potuto darci una spiegazione su come è diventato quello che è, eppure niente. Non una parola su di lui, se non a sottolineare quanto sia un cattivone.
I dialoghi sono improponibili. Che poi in Giappone c'è effettivamente una tendenza all'aumentare l'intensità di certe frasi, al rendere significativi certi piccoli momenti, al dare un perché anche a cose ovvie. E lo capisco, è un tratto distintivo. Però qui si esagera. Si parla di ovvietà, i personaggi saltano su in puro stile manga piuttosto che reagire come dovrebbero in un libro. Il linguaggio del fumetto e quello del libro sono diversi, eppure sembra che l'autore abbia trasposto la storia che aveva in testa come se avesse in mente un manga. Ma quello che in un manga può funzionare, in un libro stona e stride.
Poi, vediamo.
Il finale. Il finale è tra i più brutti che io abbia mai letto. È di un'improbabilità e di una... no, non posso dirlo. Sarebbe uno spoiler inconcepibile, mi accontenterò di lamentarmene in privato con coloro che l'hanno già letto. Oltretutto... ma no, lo dico dopo.
La traduzione è tremenda. O forse è l'adattamento? Ho avuto l'impressione che il testo non fosse stato neanche rivisto da un editor, dopo essere stato tradotto in italiano. Ci sono frasi di cui si fatica a capire il senso, la cui sintassi è scombinata, un sacco di termini inadatti, qualche refuso... meritava sicuramente di essere trattato con più cura, questo libro. Eccheddiamine.
Ma non posso dire che di per sé lo stile di Takada fosse un granché. Certo, sto apponendo le mie aspettative occidentali alla sua opera nipponica, ma non mi risulta di aver mai trovato delle descrizioni terminanti in punti esclamativi né in Murakami né nella Yoshimoto, quindi... e poi è ripetitivo. Ripetitivo a bestia. Non so quale target avesse in mente o se ne avesse in mente uno, ma mi pare che la storia venga raccontata con un'ovvietà tipica della letteratura per l'infanzia, come se si volesse facilitare il lettore nella scoperta della trama.
Mi rendo conto che ancora non ne ho detto nulla di positivo e questo è ingiusto. Anche perché l'ho letto in un giorno, tutto d'un fiato. È stata una lettura appassionante, serrata, sentita, anche se ad un certo punto ho iniziato a saltare mezze pagine di descrizioni di personaggi. Il fatto è che mi ha fatto imbestialire come una storia così potente e interessante possa essere stata trattata così. Con così poco rispetto. L'idea di fondo è geniale, ma è stata sviluppata malissimo. Non ho quasi dormito per l'irritazione, ieri.
All'inizio avevo nominato anche Hunger Games. Perché di solito, quando si parla di uno, si finisce anche per nominare l'altro. E giustamente. Ecco, se parliamo soltanto del primo libro della trilogia, sicuramente Suzanne Collins ha pescato da Battle Royale a piene mani. Innegabilmente. Ma non lo definirei un plagio, bensì una rivisitazione, o un'interpretazione diversa della stessa tematica. Anche in Battle Royale il tema della dittatura è presente, eppure è trattato malissimo. Ovvero, non se ne sa nulla. Non si sa com'è nata, quanto influisca sulla vita dei semplici cittadini, perché sia cominciato il gioco del Battle Royale, come venga vissuto dall'esterno. Ci viene data una specie di spiegazione alla fine, ma io l'ho trovata improbabile e inconcludente, una pezza su un buco nella trama. Invece in Hunger Games la questione è presentata in modo chiaro, la situazione socio-politica è la prima a comparire. Un'amica mesi fa si era lamentata del film perché si dilungava fin troppo nel pre-Arena. È un aspetto che io invece ho apprezzato molto, nel film come nel libro, anche se poi il film ha altri difetti. Se non ci fosse tutta la spiegazione della situazione sociale, politica, economica, se non ci venisse raccontato della vita di Katniss e della sua famiglia nel Dodicesimo Distretto, se il fantasma della ribellione non aleggiasse nell'aria, allora sì che sarebbe un plagio di Battle Royale. Ma c'è di più, senza contare che la storia continua. È diverso anche il punto di vista. Mentre in Battle Royale il tutto è narrato in terza persona e i capitoli sul protagonista, Shuya (o Tizio Inutile) vengono alternati con scene di compagni di classe che muoiono/scappano, in Hunger Games tutto è filtrato dagli occhi di Katniss, che racconta in prima persona. E personalmente ho trovato Katniss molto più realistica di quanto non fossero tutti i personaggi di Battle Royale. Lei è brava a cacciare perché è abituata a cercare cibo per la famiglia e la morte del padre l'ha costretta a diventare cinica e forte per tutti. Nonostante tutto è un personaggio credibile, i cui tratti e le cui abilità vengono accuratamente spiegati e motivati. I ragazzi di Battle Royale no, sono dei quindicenni normalissimi che chissà perché riescono tranquillamente a spararsi in mezzo agli occhi. Non c'è niente nei loro vissuti che possa dare senso alla loro abilità con le armi.
Di Hunger Games ho preferito anche la questione dell'esterno, di come i giochi vengano vissuti dalle famiglie. Un'intera popolazione costretta ad assistere al massacro. In Battle Royale le famiglie non esistono, non soffrono, sono scavalcate. Mentre Katniss giustamente si strugge per la sorellina, pare che in Battle Royale tutti se ne strafreghino di quelli che hanno lasciato a casa ad aspettarli. C'è anche da dire che Shuya è un orfano, ma non è che gli altri abbiano dedicato chissà quali pensieri ai propri familiari. Non ce n'è uno che si dica 'Devo tornare a casa per X'.
Inoltre Shuya non impara. Dopo essere stato ripetutamente attaccato quasi da qualsiasi compagno abbia incontrato, dopo essersi imbattuto in chissà quanti cadaveri, continua a pensare di poter risolvere tutto col dialogo, di poter instaurare una tregua per riuscire a scappare dall'isola, nonostante sia assolutamente impossibile. Arriva a fidarsi ciecamente di Shugo Kawada, uno con cui non ha quasi mai parlato, che non gli dice né perché né percome, ma gli assicura che sa come scappare e glielo rivelerà solo alla fine del gioco, quando saranno rimasti solo loro due e Tizia Inutile.
Ora, vi pare plausibile?
In Hunger Games invece nessuno si fida di nessuno. Non si può scappare dall'Arena, ergo
si cerca disperatamente di sopravvivere, consapevoli che ogni alleanza finirà comunque nel sangue. Vero anche che contrariamente a Battle Royale i personaggi non si conoscono tra loro, ma comunque...
Inoltre, la prevedibilità. Mi spiace per chi non è riuscito a leggere Hunger Games prima che diventasse un fenomeno enorme di quelli che ti lanciano spoiler tra capo e collo. Io ero fortunatamente riuscita a evitarli tutti, quindi non sapevo neanche chi sarebbe sopravvissuto al primo libro. Per quel che ne sapevo, Katniss sarebbe potuta morire, idem Peeta. Forse avrebbe vinto Rue e i seguiti sarebbero stati dedicati a lei.
Con Battle Royale, il finale è così esplicito fin dall'inizio che ti illudi che si tratti di una rozza dissimulazione. Ad esempio avevo sperato che Takami mi stupisse, facendo vincere il gioco a una tizia che fugge terrorizzata, sempre rincorsa da un certo personaggio innamorato di lei. Visto che non la si trovava – compare una volta e per pochissimo – speravo si fosse data al massacro pure lei e che alla fine sbucasse dal nulla a sorpresa con una mitragliatrice. Invece niente, il libro finisce esattamente come si teme che finisca.
Quindi... beh, non so che dire. Mi è piaciuto quanto non mi è piaciuto. Credo di non essermi mai innervosita tanto per un libro. Qualcuno di voi l'ha letto? In caso che ne pensate? Via, che ho ancora bisogno di digerirlo...