Ma
sapete che oggi c'è proprio un bel sole? Di rado me ne felicito,
sono ben più avvezza a climi rigidi da plaid, però oggi mi tocca
d'andare al mare, quindi... E ho finito di leggere La casa sfitta,
libro cui probabilmente dedicherò il prossimo post. Bello. Bella la
storia, bizzarra la composizione a racconti, stupendo quello di
Elizabeth Gaskell e bellissimo quello centrale di Dickens – è la
prima volta che gradisco 'sì tanto qualcosa di suo – anche se non
posso dire lo stesso per quello della Procter, che è una luuuunga
poesia. La cui storia sarebbe anche bella, è un peccato che non ne
abbia scritto un racconto vero e proprio... comunque!
Ora
sto leggendo I tre moschettieri di Alexandre Dumas, un autore di cui
finora non avevo mai letto nulla. Ed è così diverso, ma così
diverso da quanto mi ero figurata... cioè, ma D'Artagnan è un
giovane e vivace demente che continua a sfidare a duello chiunque. A
parte il fatto che mi fa schiantare dal ridere, ma... ma... ma. Tra
l'altro continuo a cantarmi la sigla di Cristina D'Avena mentre
leggo...
Ma
magari comincio a parlare dei due libri fulcro di questo post, che
dite?
Volti
nella folla di Valeria Luiselli – traduzione di Elisa Tramontin –
La Nuova Frontiera, 2011
Avevo
vagamente accennato a questo libro quando ho parlato dell'incontro
con l'autrice che ha avuto luogo durante la Notte dei libri. O
forse no, temo di aver parlato soltanto dell'altro libro, quello che
andava a presentare. Volti nella folla è il suo secondo libro e il
suo primo romanzo ed è... è strano. È una struttura stranissima,
una matrioska che scopri essere un cerchio, un'impalcatura che si fa
di lana e poi d'acqua. E una volta che l'ho finito mi ha lasciato con
quest'acqua a sciabordarmi nella scatola cranica, non tanto a farmi
domande, quanto a cullarmi nella sensazione di sottile realtà che mi
aveva dato la lettura. È strano, davvero. Ma non in senso cattivo.
Anzi. Anzi.
È
la storia della scrittrice che scrive, ispirandosi a se stessa da
giovane. E la storia di quella giovane donna che era o non era stata.
Ed è la storia dello scrittore di cui la giovane scrittrice
raccoglie informazioni, Gilberto Owen. Capitoli brevissimi, di cui non sempre
si capisce immediatamente chi sia a scriverli. La vita di uno nella
vita dell'altra nella vita dell'altra. O la vita di una nella vita di
uno nella vita dell'altra... è un gioco di specchi e di ombre. Di
fantasmi. Di passato.
Valeria
Luiselli tra l'altro cita un sacco di scrittori e intellettuali di
cui onestamente so poco e nulla. Di alcuni conosco solo il nome, di
altri neanche concepivo l'esistenza. Non so, questo libro mi ha fatto
anche chiedere com'è essere intelligenti. Cioè, leggere libri di
Wittgenstein e capirli al volo.
Lo
consiglio un sacco, ovviamente non come lettura d'evasione.
Alta
definizione di Adam Wilson – traduzione di Lorenzo Bertolucci –
Isbn Edizioni, 2013
E
ora che mi sono decisa a parlarne, mi rendo conto di averlo prestato
a mio padre. Ovviamente. Ma non mi farò scoraggiare, via, la trama
non è così complicata da non poterne dire due parole comunque.
In
un certo senso è un romanzo di formazione, credo. Ma con un
personaggio più debole e spezzato del solito, Eli Schwartz. Il che
me lo rende uno dei pochi romanzi di formazione che riesco a
sopportare. Sapete che non riesco a sopportare Holden Caulfield? Il
libro mi era piaciuto, ma il protagonista mi è sempre stato
sull'anima. Uno che non sta bene finché non ha fatto preoccupare
mezzo mondo, uno così concentrato su se stesso e sulle proprie
paturnie che non s'interessa minimamente del dolore che può dare
agli altri. Io Holden l'avrei formato a schicchere.
Eli
no. Eli fa – nonostante tutto – tenerezza. Eli è quel tizio che
si ferma, alza lo sguardo e si chiede stralunato 'E adesso?' e non sa
come andare avanti. Insicuro, goffo, grasso, intelligente ma non
abbastanza da trarne profitto, con un fratello di successo, che vive
in una periferia americana piena di ricconi, con un qualche complesso
nei confronti della madre, prigioniero di un non-rapporto col padre,
deciso a non affrontare il problema del futuro. Finite le superiori
tutti se ne vanno, tutti si trovano un lavoro, tranne lui. Lui resta
intrappolato nella propria adolescenza, passa le giornate a guardare
film, a rimuginare sul passato, a cucinare. Poi c'è l'incontro con
Seymour Kahn, un anziano attore costretto in sedia a rotelle, un uomo
senza alcuna barriera mentale, ironico, amareggiato, con cui Eli
finisce per stringere una strana amicizia. Ora, un po' ovunque questo
incontro viene indicato quasi come fulcro, come chiave del romanzo. A
me non è parso tale, mi è sembrato uno dei vari rapporti importanti
di Eli. Ma probabilmente sbaglio io.
Una
cosa che ho adorato è il fatto che Adam Wilson non abbia mai perso
di vista chi è davvero Eli. È un appassionato di cinema? Facciamolo
pensare in termini di scene, di citazioni, di sceneggiature. I suoi
film mentali sono perfetti.
E
la copertina? Vogliamo parlare della perfettissima copertina, la cui
versione italiana – e vorrei vedere, è Isbn – supera
l'originale? Consiglio
smodatamente. Punto.