Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #19


E buongiorno! Dai, stavolta invece di stare a nicchiare mi limito a invitarvi a leggere il precedente post, quello sul Salone del Libro, se ancora non l'avete fatto. Poi basta, che sennò mi metto a sproloquiare per mezza pagina. Mi limito ad un compiaciuto 'Aha!' innanzi alla pioggia che ha debitamente abbassato le temperature, con mia grande soddisfazione. Peccato che avessi appena tolto il piumone.

Guardami di Jennifer Egan – traduzione di Matteo Colombo e Martina Testa – MinimumFax, 2012

Vediamo. Ammetto che questa lettura mi ha lasciata un po' incerta sulla valutazione, alla fine. Mi ha catturata subito, la lettura è stata inizialmente quasi esaltante. Mi sono piaciuti i personaggi, il modo in cui sono stati costruiti e presentati, le loro ambizioni, la loro confusione, il modo in cui i filoni narrativi si alternano e si amalgamano. E poi la trama è bella. Interessante, un po' maledetta. Ci sono due protagoniste, queste due Charlotte intimamente e inconsapevolmente legate. La prima è una modella trentacinquenne il cui volto rimane sfigurato da un incidente in macchina e che si trova a doversi riabituare a un nuovo viso, a una nuova vita. Non vuole lasciare la carriera di modella, eppure è mutata troppo per poter rientrare nel giro. Parla della piccola, limitatissima cittadina in cui è cresciuta e dalla quale è fuggita. Scorriamo impotenti l'angosciante disperazione in cui il cambiamento l'ha gettata. I suoi capitoli sono gli unici in prima persona.
Poi c'è l'altra Charlotte, la cui madre è stata la migliore amica della prima Charlotte. È una ragazzina di sedici anni, un po' outcast e un po'... beh, non so come descriverla. È strana, questo sì. Ma forse è strana come lo sono tutte le sedicenni. È vero che quando si cresce si dimentica. E insomma, c'è questa ragazzina che inizia a prendere lezioni private dallo zio Moose, che è un personaggio semplicemente meraviglioso, geniale e confuso, tremendamente fragile. Un uomo che è passato dall'essere il grande pesce nella boccia fino a trasformarsi in una specie di professore-reietto, spaventato all'idea di ammettere quello che gli è accaduto. È straziante, Moose.
Ma dicevo, Charlotte2. Un giorno incontra un tizio sulla sponda del fiume e si ferma a parlargli. Ha un braccio ferito, le parla con schiettezza. E a lei rimane impresso in mente come una cicatrice, fino a quando non lo incontra di nuovo nella sua vecchia scuola, quando va a prendere delle amiche alla fine delle lezioni.
E via così. Stralci del fratellino di Charlotte2, giovanissimo reduce del cancro. Un investigatore privato ex-alcolista che contatta Charlotte1 per avere informazioni su un certo Z. Una strana prospettiva sul futuro che preannuncia FB o la potenza schiacciante del social-network, una specie di Grande Fratello. È stato scritto all'inizio del 2001, prima dell'11 Settembre e prima di Facebook. Non si può dire che la Egan non abbia intuito.
Ma veniamo a quello che non mi ha convinta. Mentre fino a un certo punto – piuttosto avanzato, anche – la storia fila a meraviglia, verso la fine la trama comincia a diventare inconsistente, sfilacciata, allungata. Sarebbe facile dire che è 'tirata troppo per le lunghe', ma non è esattamente così. In realtà non ho ben chiaro nemmeno io di cosa si sia trattato, so solo che poco a poco la narrazione si è fatta un po' noiosa e confusa. Come se ci fosse stato un improvviso cambio di prospettiva non annunciato né necessario. E il finale mi ha lasciato con un 'Ok. Perché?' non proprio grande, però nemmeno piccino.
A parte questo, mi è piaciuto. È scritto bene, questo è innegabile. E costruito bene. Perciò non lo sconsiglio, però neanche lo consiglio con sommo entusiasmo.

Divorzio all'islamica a Viale Marconi di Amara Lakhous – Edizioni E/O, 2010, edizione tascabile 2010

Ok, io questo libro l'ho adorato. È breve, dura una giornata, fa ridere e poi chinare la testa con un sentimento di colpa e vergogna tipicamente italiano. L'autore sarà al Salone del Libro ed è uno degli incontri che mi preme di più.
La trama è suddivisa in due narrazioni, entrambe in prima persona, quella di Issa e quella di Safia. Issa è un giovane siciliano nato da tunisini che lavora come interprete in tribunale, quando viene convocato dalla Polizia, che gli proporrà un lavoro come infiltrato in un quartiere arabo a Roma, dove si teme la nascita di una cellula terrorista islamica avente come centro un call-center chiamato Little Cairo. Issa – in realtà Christian, Issa è il nome di copertura – accetta per amor patrio e si trasferisce a Roma, entrando facilmente a far parte della variegata comunità islamica del luogo.
E poi c'è Safia. Una donna egiziana che ha sempre sognato di diventare parrucchiera e che ha sposato il marito Said – detto Felice – soprattutto per poter venire ad abitare in Italia. Hanno una figlia piccola, Aida e Felice/Said lavora come pizzaiolo.
Adoro Safia. È così ironica, ottimista, sorridente anche quando si lamenta. È luminosa. Racconta delle sue giornate attentamente organizzate tra i lavori di casa, la cura della figlia, le visite al call-center per chiamare la famiglia. Parla della sua vita in Egitto, dell'ovvia e conosciutissima ingiustizia in tante interpretazioni del Corano, lamenta di come siano soltanto quelle più estremiste a passare in Occidente.
Cosa posso aggiungere? È un libro che consiglio e straconsiglio, se poi avete bisogno di tirarvi su di morale è perfetto. Anche per farvi un'idea – generica e confusa – di come vivono gli extra-comunitari in Italia. Che non fa mai male sostituirsi gli occhi per un po'.