Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #7


In questo momento sto fissando il secondo letto nella mia stanza. Parallelo alla parete, perpendicolare al letto che uso per dormire, è stato piazzato qui perché non c'era altro posto e lo uso come un ampio scaffale morbido sul quale ammucchiare i miei libri. E sta strabordando. Qualcuno è prestato, qualcuno regalato, buona parte – mea culpa – comprato. Soprattutto i classici. Ieri non ho resistito alla tentazione, dopo la cocente delusione della Fiera del Libro, quasi spoglia di tutte quelle vecchie edizioni in copertina rigida (esempio nella foto) e sono stata alla libreria dell'usato che c'è da queste parti. Il meraviglioso mago di Oz di Baum, Teresa Raquin di Zola e 1984 di Orwell, in edizioni così belle che non posso fare a meno di fissarli con sincero affetto e assoluta ammirazione.
Sul letto-scaffale, i libri presi in prestito in biblioteca non si contano. Sono tanti. Troppi. Due pile abbastanza alte da rischiare di crollare. Forse leggere è davvero una dipendenza, una droga al pari della cocaina.
Ma diamo un po' di senso a questo post, che diamine!

Pomodori verdi fritti al caffé di Whistle Stop di Fannie Flagg – traduzione di Olivia Crosio – Sonzogno, 1992

Ne avevo sentito parlare così tanto che mi usciva dalle orecchie. Quei libri che tutti conoscono e tutti ti consigliano, fino a farti venire una qualche allergia al titolo stesso. Non sapevo di cosa parlasse, di che paese fosse l'autrice, dove fosse ambientato... nulla. La mia leggera avversione – anzi, più diffidenza che vera avversione – era del tutto immotivata. Poi mia sorella è andata a comprarlo, l'ha letto e adorato, me l'ha nuovamente consigliato e infine me l'ha spedito dalla Germania. E allora, giustamente, l'ho letto. E mi è piaciuto un sacco.
Lo stile è scorrevole, allegro, quasi colloquiale. Tre livelli narrativi si alternano – a certuni può dare fastidio, io personalmente adoro quando i punti di vista rimbalzano da un soggetto all'altro – tra la prima persona di Evelyn Couch, la sua vita privata, il suo inferno interiore e le sue visite alla casa di riposo, dove incontra l'adorabile signora Threadgoode, che le racconta del caffé di Whistle Stop, gestito dalla temeraria Idgie e dalla tranquilla Ruth. Il secondo livello narrativo è appunto incentrato su Idgie e Ruth, sulla famiglia di Idgie, su alcuni abitanti di Whistle Stop e le loro vicende personali. Il terzo è più particolare: il bollettino settimanale di Whistle Stop, sul giornale della signora Dot Weems. Mezza pagina, una pagina al massimo. I piccoli accadimenti di una cittadina dell'Alabama negli anni '30, '40, '50. Un mondo in miniatura in cui qualsiasi piccolezza può diventare una notizia.
I personaggi sono meravigliosi. Qualche colpo di penna e sono tutti lì, umani e imperfetti, vivi e vividi. L'arco narrativo è ampio, si va dalla metà degli anni '20 alla fine degli anni '80, con tanti buchi temporali ma nessuna domanda lasciata senza risposta.
Consiglio spassionatamente questo libro. È caldo, luminoso, il tintinnio delle stoviglie di Whistle Stop, il rumore lontano del treno e il rombo sotterraneo della problematica, inquietante America di quegli anni, dal razzismo alla crisi. E poi di nuovo all'allegria di Idgie e al sorriso di Ruth. No, davvero. Leggetelo.

Agnes Browne mamma di Brendan O'Carroll – traduzione di Gaja Cenciarelli – Neri Pozza, 2008

Primo di una serie che conta ben tre successori, questo libro sprizza Irlanda da ogni poro. Davvero. La prima parola che mi viene da usare per descriverlo è 'irlandese'. Se non l'avessi preso in biblioteca, lo piazzerei accanto ai miei libri di Roddy Doyle, soprattutto a Bella famiglia!. La protagonista è la famiglia Browne e la storia inizia dalla morte – praticamente una benedizione, ad essere sinceri – del marito Rosso. Sette pargoli, di cui un'unica femmina, Cathy. Poi ci sono Mark, Simon, Rory, Trevor, Frankie e Dermot. E l'amica di Agnes, l'inimitabile Marion. Entrambe lavorano al Jarro, zona povera di Dublino, in bancarelle di frutta e verdura. Le loro chiacchiere allegre, tra il volgare e l'ingenuo, le loro visite al pub, la tragedia che si abbatte ad un passo dalle risate...
In un certo senso mi viene da paragonare questa lettura a Zia Mame di Patrick Dennis. Forse per la sua struttura a episodi – anche se quelli di Zia Mame sono molto più lunghi – o forse per l'atmosfera allegra e il buonumore che riesce a trasmettere. Le analogie finiscono qui, perché laddove Agnes Browne è tanto irlandese da grondare birra, Zia Mame, nonostante l'autore sia americano, sfoggia una compunta aria inglese da ora del tè con biscotti.
Che dire? Consiglio pure questo. Sono entrambi libri da buonumore, questo è senz'altro più leggero e meno impegnativo dell'altro. Vedete voi, comunque se avete voglia di farvi due risate questo è il libro giusto.