Era un po' che non
pubblicavo un post che non fosse una recensione, vero? Ancora un po'
e si rischiava di scambiarmi per un blog serio. No, non è vero.
Credo di avere abbondantemente eluso tale pericolo, infondendo in
questa pagina virtuale quel giusto pizzico di 'me' che basta ad
allontanare ogni sospetto di serietà.
È successo che qualche
tempo fa ero a lezione, mi pare, di psicologia. Chissà come si è
arrivati a parlare dell'impatto che lasciano su di noi certi
avvenimenti, come l'11 Settembre. Tutti ricordiamo chiaramente cosa
stavamo facendo, quando siamo stati raggiunti dal crollo delle Torri
Gemelle. Io ero a casa di un'amica a fare i compiti di matematica, la
televisione era accesa e siamo rimaste così, sconvolte di fronte
alla gente che urlava. Ricordo anche quando sono tornata a casa e
sono corsa a urlare ad un'amica dal balcone e siamo rimaste per un
po' a interrogarci su quello che sarebbe successo. Già mi vedevo in
mimetica, giovane soldatessa pronta a combattere. Contro chi o cosa,
ancora non lo sapevo, ma ero alle medie e trovavo quell'immagine
vagamente romantica, nel senso più violento del termine.
Ad ogni modo, durante
quella stessa lezione, mi sono resa conto di una cosa che mi ha un
po' stupita, ovvero di come la mia mente rimanga fortemente ancorata
a certi momenti grazie ai libri. Ad esempio, le mattine in cui ho
scoperto Ronja o La figlia della Luna e sono andata a
leggermeli sul divano. Quelle ore di fagocitata lettura sono tuttora
infilzate a fondo nella mia mente, nonostante siano passati più di
dieci anni. O quella sera in cui ho divorato Il mio amico Jan,
ignorando i richiami di mia madre per la cena, sdraiata a pancia in
su sul divano. O la tremante lettura di Pet Sematary, sola in
casa, terrorizzata ma incapace di lasciare andare il libro. O il
giorno in cui ho conosciuto la voce delicata di Jane Austen e
sono rimasta tutto il pomeriggio a gambe incrociate sul letto finché
non ho terminato di leggere Orgoglio e Pregiudizio. O i
pomeriggi passati in biblioteca, ad accarezzare con gli occhi e con
le mani i dorsi dei libri della Pitzorno, l'immagine della mia
mano che esita e poi si protende verso Principessa Laurentina.
O quel giorno che mi sono imbattuta in James Ellroy e nel suo
L'angelo del silenzio, il cui sanguinoso raccapriccio mi è
rimasto appiccicato addosso per mesi.
O la sera del mio compleanno in
cui le mie mani hanno scartato Harry Potter e la pietra
filosofale, ancora sconosciuto, e il ricordo del tepore del
lettone dei miei, dove mi rifugiavo a leggerlo. Ricordo ancora il
momento preciso in cui ne ho sentito parlare da altri, stavo varcando
il cancello della scuola – ero in seconda media – e ho sentito un
paio di compagne che ne discutevano animatamente. E poi L'incredibile
storia di Lavinia, aperto sotto il banco e letto durante l'ora di
italiano mentre la maestra Enrica spiegava. O Jane Eyre, le
pagine del libro della biblioteca illuminate dal sole che entrava dai
finestrini del treno. O la mia schiena premuta contro le pareti
dell'edificio scolastico mentre, al primo anno di superiori, leggevo
Il vampiro Armand.
E quei caldi pomeriggi d'estate a cavallo
tra medie e superiori, passati a passeggiare in una biblioteca
deserta e il momento in cui ho deciso di portare via con me Coraline
e Stardust. Il pomeriggio passato a divorare Strega come
me, a luce spenta nonostante fosse un pomeriggio d'autunno senza
Sole. Perfino le mie piccole mani che passavano sulle pagine spesse e
lucide, mentre leggevo una delle tante avventure di Pandi. O
il mio primo libro, regalatomi da mio padre e letto con l'aiuto di
mia madre, accanto a lei nel lettone, il suo indice che scorreva
sulle lettere e la sua voce che districava il mistero dei suoni.
Forse per voi non sarà
nulla di speciale, tutto questo parlare di memoria e ricordi. Il
fatto è che io ho una memoria a dir poco pessima e poter comunque
accedere a così tanti fotogrammi, impilati con tale assoluta
chiarezza... beh, è una bella cosa.
E voi? Quali sono i libri
che hanno segnato un punto indelebile nella vostra memoria? Su, che
sono curiosa.