Gli occhi gialli dei coccodrilli - Katherine Pancol


Oggi mi sono alzata meravigliosamente tardi. Erano già passate le dieci, quando ho aperto gli occhi e mi sono bellamente stiracchiata. Devo aver dormito almeno nove ore e di conseguenza sto scrivendo questo post con un sorriso, ma un sorriso... quant'è stupendo dormire, quando ci si è riabituati al giogo della sveglia.
… stamattina sono pomposa. Me ne rendo conto. Non so se sia la dormita ristoratrice o cosa, ma non posso farci niente. Ad ogni modo!
Tempo addietro, mi sono imbattuta nella recensione che Elisa ha scritto su 'Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì', di Katherine Pancol. L'avevo poi adocchiato in biblioteca, ma essendo la terza parte di una trilogia – e giustamente, figuriamoci se abbiamo pure le altre due... - ho preferito rinviare. Poi, l'altro giorno, mi sono trovata a dover prendere il treno senza un libro (decente) cui aggrapparmi durante un interminabile viaggio di tre ore e mezza e mi sono fiondata alla Feltrinelli, ancora senza un'idea precisa di cosa prendere. Una corsa contro il tempo, poi mi sono ricordata della recensione di Elisa, ho agganciato il primo volume della trilogia, 'Gli occhi gialli dei coccodrilli' e mi sono sparaflashata verso le casse. Ove un attempato bìsnessmèn milanese, possa venir roso dalle emorroidi, mi è pure passato avanti.
Comunque, veniamo a parlare del libro in sé. 'Gli occhi gialli dei coccodrilli', di Katherine Pancol, edito dalla Dalai Editore nel 2009. Fanno seguito 'Il valzer lento delle tartarughe' e 'Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì'. Tanto per cominciare, non è il mio genere. Se non avessi avuto tanta fretta da non aver neanche il tempo di dare un'occhiata alla traccia sul retro della copertina, probabilmente non l'avrei preso. Fortuna vuole che il treno stesse per partire, quindi...
La protagonista è Joséphine. Madre di Zoè e Hortense, moglie di Antoine, sorella di Iris, figlia di Henriette, che a sua volta è sposata con Marcel, che frattanto se la fa con la segretaria Josiane. Così come Iris è moglie di Philippe, col quale ha avuto Alexandre. E poi ci sono i vicini di Josèphine, Shirley e il figlio Gary. È un coro. Un lungo, allegro coro di racconti e confidenze. È colorato, danzante, ha il sapore di un succo d'arancia troppo dolce. Nonostante non corrispondesse affatto al mio genere, non ho avuto alcuna difficoltà nell'infilarmi nella storia, quasi trascinata a forza e sorrisi nella vita di questa miriade di personaggi, coi quali si simpatizza immediatamente, dei quali si distinguono subito le voci, i caratteri, le espressioni... ogni personaggio è caratterizzato bene e si relaziona in modo credibile con gli altri. E questo non è poco. Certo, a volte sono state infilate conversazioni un po' forzate e irreali, ma nel complesso la narrazione scorreva libera e senza intoppi. Pareva quasi che i personaggi si muovessero da soli, ignari della trama che stavano mettendo in moto.
Il romanzo si apre con Antoine che gioca a scacchi da solo. Complimentandosi con sé stesso, segue con attenzione puntigliosa la propria routine, accuratamente programmata per togliersi dalla mente la sua scomoda realtà di disoccupato. Josèphine, sua moglie, sbuccia le patate. Poche pagine dopo, un litigio, una rottura secca e Antoine se ne va dall'amante, Mylène. A Josèphine l'onere di spiegarlo alle adorate figlie, Hortense e Zoè. Hortense ha 14 anni ed è una piccola, meravigliosa e gelida serpe, sempre presa dai propri calcoli, decisa a calciare via tutto ciò che ha una parvenza d'emozione e sentimentalismo. Zoè invece è adorabile. Più piccola della sorella di quattro anni, aggrappata quasi disperatamente all'infanzia e al collo morbido della madre, mentre tenta di farsi strada nel campo visivo della sorella maggiore, sua musa divina. La sorella di Josèphine, Iris, è meravigliosa. Hortense l'ammira e ne è ispirata. Fredda, di classe, un sorriso di aperta superiorità sulle labbra perfetta. Gioia e vanto della madre, eppure nel corso del libro comincia a mancarle qualcosa...
È un intreccio vario, esteso, giocoso. Esagerazioni, certo, ma reazioni umane. Mi ha molto colpita l'analogia tra la mia famiglia e quella di Josèphine, nei cui occhi speranzosi e nei cui sacrifici vedo mia madre. La persona più buona e meravigliosa che io conosca. Il resto del mondo impallidisce al suo confronto. La sento, adesso, mentre al telefono con mia sorella, recita 'Devi sempre pensare che quello che non ti ammazza, ti fortifica'. E vedo anche me e mia sorella, in Zoè e Hortense. Cioè, mia sorella non ha niente a che vedere con Hortense, anzi. È tutta un'altra persona. Però per lungo tempo i miei occhi su di lei hanno riflettuto quella figura brillante e maestosa di 'sorella maggiore', forte e inarrivabile. Un tempo mi sarei tagliata via un braccio, per farmi notare da lei.
Credo che questo libro – e i seguenti, anche se ammetto che 'Il valzer lento delle tartarughe' non mi sta piacendo neanche la metà di quanto mi è piaciuto questo – sia l'esempio più chiaro e calzante di quella che viene chiamata 'letteratura al femminile'. Perché Katherine parla alle donne, come se si confidasse, certa che noi lettrici conosciamo ciò di cui parla. Storco il naso quando si vuole definire 'letteratura femminile' manuali per donzelle che vorrebbero farsi prostitute, librettini per donne che vorrebbero smettere i panni di persone e diventare cenci vagino-dotati, volumetti quasi senza trama che si basano su una finzione che risalta per il proprio vuoto.
In sostanza, consiglio questo libro a chiunque abbia voglia di una lettura leggera, senza pretese, divertente. Non è un capolavoro, ma è una lettura piacevole. A volte basta questo, no?
Ed ora esco, che devo andarmi a fare la scheda di D&D a casa di amici. Gioisco!
A presto :)