Ammetto che ultimamente
mi sto assentando parecchio dal blog. Vorrei poter dire che è perché
sto studiando come una matta, che sto sempre china sui libri, intenta
a scrivere ideogrammi e ripetere forme verbali. Invece no, non posso
dirlo. Non che io non stia studiando affatto, anzi. È che, a pochi
giorni dal solito esame-muro, a un soffio dall'estate, sono piombata
in una specie di stato di pausa mentale. È come se questo esame mi
rodesse da dentro. La laurea ancora lontana mi rinfaccia l'immobilità
della mia situazione, il mio insistente far nulla mi sconcerta e mi
inibisce. Mi sento come pietrificata, l'auto in panne in mezzo al
deserto. E riprendere a camminare mi è difficile.
Ma basta con tutte queste
tirate ammorbanti. Perfino io le trovo lagnose. Passiamo ad altro,
passiamo al senso di questo post.
No, invece aggiungo
un'altra lamentela, così. Tanto per. Sono invidiosa come una vipera
e rabbiosa come un bufalo. Dedico tutto il mio livore e la mia stizza
a tutti coloro che sono riusciti a recarsi, almeno per un giorno, al
Salone del Libro di Torino. Davvero, vi invidio a bestia. Ma tanto,
eh.
Tempo fa ho finito di
leggere Un lavoro sporco di Christopher Moore, edito
dalla Elliot nel 2007 e da pochi mesi disponibile in edizione
economica. Avevo già discusso di questo autore in questo post,
dedicato a Il Vangelo secondo Biff, suo indiscusso
capolavoro.
Posso cominciare dicendo
qualcosa sulla copertina? Non mi piace. Voglio dire, non è brutta.
Però non mi convince. Sembra la copertina di un libro della
Kinsella, tipo Shopping con la morte o qualcosa del genere. Troppo
rosa. Sarà che sono allergica al rosa, ma lo trovo un po' fuori
posto.
Ma tralasciamo le mie
antipatie cromatiche e passiamo invece alla trama. Il primo capitolo
si apre nella camera d'ospedale in cui Rachel, moglie di Charlie
Asher, cerca di cacciare il marito dopo aver dato alla luce la
piccola Sophie. Immediatamente veniamo informati del fatto che
Charlie è un maschio beta e, nel corso della narrazione, ci verranno
elencate alcune caratteristiche del suddetto genere. Rachel, invece è
l'alfa. In una manciata di frasi, capiamo subito chi è il capo. Mi
piaceva, Rachel. Peccato che, nel giro di poche pagine, troppo poche
per considerare quanto vi sto dicendo uno spoiler, una Morte venga a
portarla via. Un uomo nero, alto, dentro un completo verde menta, che
Charlie sorprende accanto al letto della moglie esanime, lasciata
sola per una manciata di minuti. Charlie non dovrebbe essere in grado
di vederlo e infatti l'uomo se ne sorprende. Lo lascia con un
contrito 'Mi dispiace', mentre il neo-vedovo chiama disperato
un'infermiera che possa accorrere in suo aiuto.
E così inizia il libro.
Con la morte di Rachel. Comprensibilmente, alla drammatica perdita
segue un attaccamento smodato e timoroso del già vagamente paranoide
Charlie verso la piccola Sophie. Attaccamento che viene ripreso e
contestato spesso e volentieri dalla sorella di Charlie, Jane.
Jane mi piace. Un'ulteriore donna-alfa nella vita del protagonista, una lesbica coi capelli alla Duran Duran che si diletta a sfilargli i vestiti dall'armadio per appropriarsene indebitamente. Mi piacciono le loro schermaglie fraterne, mi piace il loro legame. Quel velo di forzato fastidio che cela un affetto inarrestabile. Ammetto che in certi punti i loro battibecchi sono un po' forzati e poco realistici, ma ce li faremo andare bene lo stesso. A Moore certe cose le perdono facilmente.
Jane mi piace. Un'ulteriore donna-alfa nella vita del protagonista, una lesbica coi capelli alla Duran Duran che si diletta a sfilargli i vestiti dall'armadio per appropriarsene indebitamente. Mi piacciono le loro schermaglie fraterne, mi piace il loro legame. Quel velo di forzato fastidio che cela un affetto inarrestabile. Ammetto che in certi punti i loro battibecchi sono un po' forzati e poco realistici, ma ce li faremo andare bene lo stesso. A Moore certe cose le perdono facilmente.
Charlie ha un negozio di
cianfrusaglie usate. Vende di tutto, dai mobili al vestiario, dai
libri agli ammenicoli più vari che si possano immaginare. Mi
immagino il suo negozio come una specie di garage ingombro e
grigiastro, avvolto in una penombra irreale, scatoloni pieni che
cozzano con mobili alti e imperiosi. Due dipendenti, una ragazza dark
simil-satanica di nome Lily, del tipo che di solito mi irrita
parecchio. Sapete, quelle tutte 'Ah! Il dolore dell'anima! Ah! Il
fuoco nero che mi brucia nelle vene! Ah! La profondità dell'animo
che nessuno può comprendere!'. Però è anche parecchio sboccata e
sicura di sé, quindi non riesco a volerle male. Ogni tot sento di
dover ripetere quanto adoro leggere dei libri in cui sono presenti
figure femminili forti. Ecco, in questo libro ci sono solo figure
femminili forti. Nonostante il protagonista sia un uomo, è come se
il genere maschile venisse spodestato e spogliato della sua baldanza
alla Rambo. Altro collaboratore di Charlie al negozio di roba usata,
Ray. Un inquietantissimo ex-poliziotto di 39 anni, appassionato
fruitore di siti d'incontri, tipo FilippineDisperate.com.
Il
meccanismo che mette in moto la trama è partito quando la moglie di
Charlie è morta. Gli ingranaggi si muovono lentamente, finchè al
negozio dello stesso non arriva per posta 'Il
Grande Libro della Morte',
accompagnato da un breve biglietto di scuse. Peccato che a riceverlo
sia Lily e non Charlie, cui era destinato. E Lily, essendo una
dark-il-mondo-è-oscuro-e-terribile-e-io-mi-nutrirò-del-suo-sangue-ascoltando-i-Cure,
se lo imbosca con gioia. E Charlie comincerà a sentire delle voci
provenire dai tombini, per strada. E si ritroverà a dover assistere
a morti sconcertanti. E... e poi va avanti. La macchina delle trame è
stata azionata ed è in funzione.
Lo stile di Moore continua a piacermi. Semplice, fluido, lineare. La trama è appassionante, originalissima, i personaggi delineati con cura e affetto, forse anche troppo. Come se il personaggio che aveva in mente si fosse evoluto troppo in carattere e trascorsi e Moore non si sentisse di tralasciarne nulla. Essendo io patita di approfondimenti psicologici e caratterizzazioni particolareggiate, accolgo con estremo favore questo aspetto. Tuttavia, devo rammaricarmi del fatto che non valga proprio per tutti i personaggi. Charlie.
Lo stile di Moore continua a piacermi. Semplice, fluido, lineare. La trama è appassionante, originalissima, i personaggi delineati con cura e affetto, forse anche troppo. Come se il personaggio che aveva in mente si fosse evoluto troppo in carattere e trascorsi e Moore non si sentisse di tralasciarne nulla. Essendo io patita di approfondimenti psicologici e caratterizzazioni particolareggiate, accolgo con estremo favore questo aspetto. Tuttavia, devo rammaricarmi del fatto che non valga proprio per tutti i personaggi. Charlie.
Charlie
Asher è il protagonista. È il personaggio attorno al quale tutto
avviene e si trasforma, è il fulcro del libro. Eppure, fino a metà
libro, ancora non mi ero fatta un'idea chiara su chi fosse davvero.
Sapevo chi era Jane, chi erano Lily e Ray, perfino Stephan il
postino. Però Charlie mi sfuggiva. Forse Moore aveva così chiaro
tutto ciò che lo riguardava che si è scordato di rendercene
partecipi. Forse pensava che tutto stesse nella descrizione del
'maschio-beta'. Non saprei dirlo, ma io ho faticato a farmi un'idea
di Charlie. Anche a lettura ultimata, sento di non averlo conosciuto
fino in fondo.
Tra l'altro, la definizione del maschio-beta spesso cozzava con le reazioni di Charlie. E ammetto che ho faticato a farmi andare giù questa cosa. Ad esempio, le sue battute argute, il suo modo di porsi verso alcuni personaggi, i vari botta e risposta anche in situazioni di pericolo... quale persona-beta reagirebbe così? C'è poi un punto, in particolare, in cui non apprezzo la reazione di Jane ad una determinata situazione. È troppo avanti nel libro perché io possa specificare quale, ma chi lo ha letto forse capirà a cosa mi riferisco. Quale sorella reagirebbe così? Troppo irreale per non risultarmi fastidioso.
Tra l'altro, la definizione del maschio-beta spesso cozzava con le reazioni di Charlie. E ammetto che ho faticato a farmi andare giù questa cosa. Ad esempio, le sue battute argute, il suo modo di porsi verso alcuni personaggi, i vari botta e risposta anche in situazioni di pericolo... quale persona-beta reagirebbe così? C'è poi un punto, in particolare, in cui non apprezzo la reazione di Jane ad una determinata situazione. È troppo avanti nel libro perché io possa specificare quale, ma chi lo ha letto forse capirà a cosa mi riferisco. Quale sorella reagirebbe così? Troppo irreale per non risultarmi fastidioso.
Altro
difetto del libro è che troppo.
C'è troppa carne al fuoco, troppi avvenimenti. Certi, secondo
me, si sarebbero anche potuti togliere senza intaccare la trama,
anzi, forse la loro eliminazione l'avrebbe resa più fluida. Credo
che Christopher Moore abbia difficoltà a dosare la propria fantasia,
come se gli dispiacesse di non attingere fino in fondo al pozzo delle
meraviglie che ha incastonato nel cranio.
Voglio
dire, la trama è fantastica, i personaggi sono meravigliosi – a
parte Charlie, che fino a metà libro è inconsistente e fuggevole
come un filo di fumo – certe situazioni sono esilaranti e le sue
trovate... certe sono a dir poco geniali. Brillanti. Pezzi di puro
genio. Davvero. Non dico quali, ma non si può che essere dei Maestri
dell'Immaginazione per concepirle. E solo un paio di queste valgono
la lettura. Però ce ne sono troppe.
Il
mio giudizio finale è che è un gran bel libro, piacevole e
divertente. Ci mette un po' a ingranare, ma poi fila con una certa
facilità. Un gradino bello alto sotto Il Vangelo secondo Biff, ma
comunque un'ottima e piacevole lettura, che consiglio a chi apprezza
il genere fantastico-dissacrante.
(E
mi raccomando, ricordatevi che oggi è la festa della mamma).